“Madonna con il Bambino” – Federico Barrocci

La mia bambina con la palla in mano,
con gli occhi grandi colore del cielo
e dell’estiva vesticciola: “Babbo
-mi disse – voglio uscire oggi con te”
Ed io pensavo : Di tante parvenze
che s’ammirano al mondo, io ben so a quali
posso la mia bambina assomigliare.
Certo alla schiuma, alla marina schiuma
che sull’onde biancheggia, a quella scia
ch’esce azzurra dai tetti e il vento sperde;
anche alle nubi, insensibili nubi
che si fanno e disfanno in chiaro cielo;
e ad altre cose leggere e vaganti. (U.Saba)

Difficile spiegare chi sia Federico Barrocci (Urbino 1535 -1612) senza dare qualche coordinata sul Manierismo. Manierismo è una parolaccia coniata dall’esperto d’arte G. Vasari in un’epoca di crisi, non tanto diversa da quella in cui ci troviamo noi adesso in Italia. Il prof. Vasari sentenziò la morte dell’arte dopo il sublime operato di Michelangelo, Donatello e Leonardo Da Vinci. Gli artisti che provarono a calarsi nel loro mestiere dopo di loro non avrebbero più preso a modello la natura, bensì l’arte del terzetto che avrebbe dato il nome anche alle Tartarughe Ninja. E’ inutile dire che pochi di questi Manieristi, chiamati così perché dipingevano alla maniera degli artisti rinascimentali sopracitati, sfondarono poiché, ovviamente, la differenza tra reinterpretazione e mera copia è davvero sottile.  Perciò, non dobbiamo stupirci nel sentire alcuni critici affermare che questo movimento artistico non sia mai esistito e si spera che artisti di quest’epoca del calibro del Parmigianino non sguinzaglino infervorate Madonne del Collo Lungo contro questi artistici negazionisti. Per chi crede nell’esistenza di Babbo Natale, il Barroccio è uno dei manieristi che si distinsero dalla massa di copioni.

Il nostro Federico Barroccio, di origini lombarde come il Caravaggio, trascorse la sua vita ad Urbino, una città in decadenza, lontano da Roma, dalle caste e dalle commissioni vaticane che erano già corrotte nel ‘500, comunque nell’agio di una carriera per certi versi élitaria, ma soprattutto molto vicina ai suoi ideali di modestia e umiltà d’animo (le sue commissioni arrivavano dagli ordini monastici dei Cappuccini e dei Francescani). Non ci si deve stupire, infatti, che fu uno dei primi sostenitori della Controriforma, polemica vivissima contro la lascivia della corte papale, e seguace della scuola di San Filippo Neri che, piuttosto, trovava il Regno dello Spirito nelle case della povera gente. L’artista, di suo, voleva vedere una Chiesa meno lussuosa e più palpabile, più di uomini tra gli uomini. Porto ad esempio una sua tela famosa, l’Annunciazione, dove Elisabetta e Maria non appaiono solenni, ma delle confidenti, delle vecchie amiche.

1610, matita e acquarello, 42x30cm, collezione privata

La delicata scena di maternità, visibilmente ispirata da Raffaello, risulta dal cammino di vita di un ritrattista sensibile profondamente segnato da una malattia di cuore che lo costringeva a fare il pittore part-time. In un triangolo sacro viene inserito un presepe anacronistico che non ha per niente il rigore e la stasi della santità. C’è una Maria che non è una Madonna, ma solo una mamma scalza; Giuseppe non c’è: potrebbe essere l’uomo accennato fuori dalla stanza. Si ricorda che ai tempi del Barroccio gli uomini non erano ammessi nel sacro e misterioso antro del gineceo. Gesù Bambino è bello e sano come qualsiasi bambino si meriterebbe di essere alla nascita. La definirei una scena intima, un ritaglio dal mondo tra mamma e figlio. Continua a leggere

“Narciso” di Michelangelo Merisi detto il Caravaggio

Autoritratto

Pare che, questo giro, a dispetto delle recenti voci di corridoio, l’Italia abbia fatto centro. Nella Cuba del Rum, dei sigari e della Rumba ha spopolato, il Made in Italy grazie a una non proprio famosa tela del Caravaggio.

Come dimenticare Caravaggio, il caro uomo baffuto che ci sorrideva sulle 100mila Lire che la nonna ci regalava al compleanno?! Già, proprio lui. Quell’uomo che nulla si fece mancare nella sua breve vita. Bunga Bunga Party con donne a pagamento, bisbocce e liti che non finivano a tarallucci e vino, molte querele, una manciata di scomuniche e una corta carriera a Malta tra i Confratelli dell’Ordine di San Giovanni di Gerusalemme che ce lo rispedirono ben presto in Italia definendolo empio e fetido. Caravaggio era peggio che un ateo e non si mise mai nelle mani di nessuna religione, eccetto a quella del Maledettesimo e, devoto solo all’arte, pensava che senza l’energia non esisterebbe neanche il colore, la forma, e quindi la vita. Ciò nonostante, è merito della sua fama universale che abbiamo potuto lasciare L’Havana – con figlia del Che e fratello di Fidel Castro annessi – a bocca aperta.

La tela, per così dire, incriminata, è “Narciso” (1597-99, olio su tela, 112x97cm, Palazzo Barberini – Roma). Continua a leggere

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