Anche il Cittadino Imperfetto è contro il razzismo

Il tuo Cristo è ebreo
e la tua democrazia è greca.
La tua scrittura è latina
e i tuoi numeri sono arabi.
La tua auto è giapponese
e il tuo caffè è brasiliano.
Il tuo orologio è svizzero
e il tuo walkman è coreano.
La tua pizza è italiana
e la tua camicia hawaiana.
Le tue vacanze sono turche,
tunisine o marocchine.
Cittadino Imperfetto del mondo,
non rimproverare al tuo vicino
di essere straniero.
(Anonimo)

«Ad Auschwitz superai la selezione per tre volte»

Ad Auschwitz superai la selezione per tre volte.
Quando ci chiamavano sapevamo che era per decidere se eravamo ancora utili e potevamo andare avanti, o se eravamo vecchi pezzi irrecuperabili. Da buttare. Era un momento terribile. Bastava un cenno ed eri salvo, un altro ti condannava. Dovevamo metterci in fila, nude, passare davanti a due SS e a un medico nazista. Ci aprivano la bocca, ci esaminavano in ogni angolo del corpo per vedere se potevamo ancora lavorare. Chi era troppo stanca o troppo magra, o ferita, veniva eliminata. Bastavano pochi secondi agli aguzzini per capire se era meglio farci morire o farci vivere. Io vedevo le altre, orrendi scheletri impauriti, e sapevo di essere come loro. Gli ufficiali e i medici erano sempre eleganti, impeccabili e tirati a lucido, in pace con la loro coscienza. Era sufficiente un cenno del capo degli aguzzini, che voleva dire “avanti”, ed eri salva. Io pensavo solo a questo quando ero lì, a quel cenno. Ero felice quando arrivava, perché avevo tredici anni, poi quattordici. Volevo vivere.
Ricordo la prima selezione.
Dopo avermi analizzata il medico notò una cicatrice. «Forse mi manderà a morte per questa…» pensai e mi venne il panico. Lui mi chiese di dove fossi e io con un filo di voce ma, cercando di restare calma, risposi che ero italiana. Trattenevo il respiro. Dopo aver riso, insieme agli altri, del medico italiano che mi aveva fatto quella orrenda cicatrice, il dottore nazista mi fece cenno di andare avanti. Significava che avevo passato la selezione! Ero viva, viva, viva! Ero così felice di poter tornare nel campo che tutto mi sembrava più facile.
Poi vidi Janine. Era una ragazza francese, erano mesi che lavoravamo una accanto all’altra nella fabbrica di munizioni. Janine era addetta alla macchina che tagliava l’acciaio. Qualche giorno prima quella maledetta macchina le aveva tranciato le prime falangi di due dita. Lei andò davanti agli aguzzini, nuda, cercando di nascondere la sua mutilazione. Ma quelli le videro subito le dita ferite e presero il suo numero tatuato sul corpo nudo. Voleva dire che la mandavano a morire.
Janine non sarebbe tornata nel campo.
Janine non era un’estranea per me, la vedevo tutti i giorni, avevamo scambiato qualche frase, ci sorridevamo per salutarci. Eppure non le dissi niente. Non mi voltai quando la portarono via. Non le dissi addio. Avevo paura di uscire dall’invisibilità nella quale mi nascondevo, feci finta di niente e ricominciai a mettere una gamba dietro l’altra e camminare, pur di vivere.
Racconto sempre la storia di Janine.
È un rimorso che mi porto dentro. Il rimorso di non aver avuto il coraggio di dirle addio. Di farle sentire, in quel momento che Janine stava andando a morire, che la sua vita era importante per me. Che noi non eravamo come gli aguzzini ma ci sentivamo, ancora e nonostante tutto, capaci di amare. Invece non lo feci. Il rimorso non mi diede pace per tanto, tanto tempo. Sapevo che nel momento in cui non avevo avuto il coraggio di dire addio a Janine, avevano vinto loro, i nostri aguzzini, perché ci avevano privati della nostra umanità e della pietà verso un altro essere umano.
Era questa la loro vittoria, era questo il loro obiettivo: annientare la nostra umanità.

Liliana Segre, «Fino a quando la mia stella brillerà» – via Reddit


Storie come questa andrebbero raccontate il più possibile.
Soprattutto ai nostri figli che devono sapere che il mondo può diventare luogo dove la speranza diventa utopia e c’è chi ci ha insegnato che anche nei momenti più bui è possibile trovare la forza di riscattare la propria umanità. I vecchi protagonisti di queste storie diventano sempre più anziani e vengono a mancare i testimoni diretti: ciò che hanno passato, va raccontato anche per mettere a tacere i negazionisti e chi se ne approfitta e vorrebbe farci credere che certe cose non sono mai accadute: di cosa hanno paura queste persone?

Alcuni sono soliti pensare che il ‘900 sia stato Continua a leggere

Il natale di 100 anni fa fu un vero miracolo

irvine

A Natale può accadere di tutto (continua a dirlo anche la pubblicità che …a Natale puoi… anche evitare di abbuffarti di pandoro e/o panettone), ma giusto cento anni fa, durante il primo anno della Prima Guerra Mondiale nel dicembre del 1914 è avvenuto un vero e proprio miracolo: una tregua tra soldati inglesi e tedeschi iniziata con un canto di Natale.

Il caporale Leon Harris del 13esimo battaglione del London Regiment in una lettera scritta ai genitori che stavano a Exeter (riprodotta sul sito www.christmastruce.co.uk interamente dedicato a quanto successe cento anni fa): «È stato il Natale più meraviglioso che io abbia mai passato. Eravamo in trincea la vigilia di Natale e verso le otto e mezzo di sera il fuoco era quasi cessato. Poi i tedeschi hanno cominciato a urlarci gli auguri di Buon Natale e a mettere sui parapetti delle trincee un sacco di alberi di Natale con centinaia di candele. Alcuni dei nostri si sono incontrati con loro a metà strada e gli ufficiali hanno concordato una tregua fino alla mezzanotte di Natale. Invece poi la tregua è andata avanti fino alla mezzanotte del 26, siamo tutti usciti dai ricoveri, ci siamo incontrati con i tedeschi nella terra di nessuno e ci siamo scambiati souvenir, bottoni, tabacco e sigarette. Parecchi di loro parlavano inglese. Grandi falò sono rimasti accesi tutta la notte e abbiamo cantato le carole. È stato un momento meraviglioso e il tempo era splendido, sia la vigilia che il giorno di Natale, freddo e con le notti brillanti per la luna e le stelle».

Scene simili si verificarono anche tra tedeschi e francesi e tra tedeschi e belgi, pur se in misura molto minore: dopo cinque mesi di guerra sanguinosissima (era iniziata il primo agosto)con circa un milione di vittime, con molte zone del Belgio e della Francia orientale occupate e dopo i massacri di civili compiuti dai soldati tedeschi, i sentimenti di fraternità erano parecchio meno diffusi.

Un generale ne dà conferma, con una battuta piuttosto macabra, in una lettera indirizzata alla moglie: «Uno dei miei ha fumato un sigaro con il miglior cecchino dell’esercito tedesco, non più che diciottenne. Dicono che ha ucciso più uomini di tutti ma ora sappiamo da dove spara e spero di abbatterlo domani». Sì, la guerra sarebbe continuata.

 

La fiaba di Santa Lucia

S.Lucia

Quando Santa Lucia salì in cielo, tutti si meravigliarono nel veder arrivare una persona così giovane. Ben presto la Santa con i suoi modi dolci ed i suoi occhi pieni di luce conquistò tutti e, persino lo scontroso San Pietro si prese cura di lei come fanno i nonni con i nipoti. Così trascorrevano i giorni allietati di serenità e pace e Lucia si godeva questa sublime situazione, riflettendo su quanto fossero lontane da lei le sofferenze e la cattiveria che regnavano sulla Terra. San Pietro, che nonostante la sua lunga barba bianca, aveva ancora una vista acutissima, si accorse che un sottile velo di tristezza si era posato sugli occhi celestiali di Lucia e, così, decise di chiamarla a sé per parlarle. Santa Lucia gli disse che avrebbe tanto desiderato anche per un solo minuto poter rivedere il suo paese in Sicilia e i suoi poveri.

San Pietro, fu talmente colpito da quella richiesta che passò giorni e notti fra le morbide nuvole del Paradiso a pensare come potesse esaudire il suo desiderio, finché prese coraggio e decise di parlarne col Padre Eterno. S’incamminò un po’ timoroso e quando fu da Lui espose la richiesta tenendo sempre china la testa in segno di profondo rispetto. San Pietro restò immobile ad aspettare una risposta poi, inaspettatamente, udì uno strano e metallico tintinnio; socchiuse gli occhi e vide che il buon Dio teneva in mano una piccola chiave d’oro. “Tieni Pietro, questa é la chiave che apre una finestrella che dà sul mondo, prendila e portala a Santa Lucia” disse il Signore. San Pietro fu così meravigliato che afferrò la chiave e corse come un ragazzino a cercare la sua Santa bambina, felice di aver esaudito il suo desiderio. Immediatamente gli occhi della santa s’illuminarono e i due salirono su di una nuvoletta che li portò alla magica finestrella. Quando arrivarono, Lucia con la mano tremante, infilò la chiave nella fessura e, come d’incanto, le apparve laggiù il mondo. La giovane fu soddisfatta di quella visione e, per lungo tempo,non desiderò più aprire gli occhi sulle cose terrene. Una notte però, il suo sonno venne turbato da lontani lamenti e pianti. Lucia, preoccupata decise di prendere la chiave per vedere cosa stesse accadendo. Fu in quel momento che la santa vide tutte le cose ingiuste, la vita dissoluta, il male, ma soprattutto vide bambini che soffrivano e piangevano. Rammaricata richiuse piano la finestrella e, una profonda tristezza, calò sui suoi dolcissimi occhi celesti.

Lucia sperava di vedere presto migliorare le cose sulla Terra; la sofferenza dei bambini l’angosciava tantissimo, non sopportando che proprio loro, così immacolati ed indifesi, potessero subire angherie fisiche o morali da parte degli adulti. San Pietro nel frattempo la osservava in silenzio e, notava man mano che passavano le giornate, il mutamento d’umore di Lucia. Nemmeno al Padre Eterno passò inosservata la cosa e decise di chiamare San Pietro. “Caro Pietro,” disse il Signore “Io so quello che turba S. Lucia. Ella soffre per i patimenti dei bambini e le privazioni alle quali sono sottoposti.” disse ed aggiunse: “Ho deciso, daremo l’incarico proprio a Lei di portare una volta all’anno un po’ di allegria sulla Terra e, tu Pietro, le dirai che il Signore l’autorizza a scendere il giorno del suo martirio cioè il 13 dicembre per portare doni a tutti i bambini della Terra. Ora vai, corri, voglio che torni la luce in quei santi occhi.” San Pietro fu talmente felice, che, abbracciò il Signore e poi si affrettò a cercare Lucia per darle la bellissima notizia. Subito la santa rimase incredula, ma poi si convinse riempiendosi il cuore di letizia. Ormai mancavano pochi giorni al 13 dicembre, ma Lucia capì ben presto che non disponeva di nulla ed, in Paradiso, non esistevano né pasticcerie, né negozi di giocattoli. Questa volta San Pietro fu veramente geniale; chiamò Santa Lucia e la invitò a prendere la chiave d’oro dicendole di seguirlo.”Apri la finestrella e guarda bene”disse Pietro. “Vedi là nello spazio?”

“Eccolo, lì c’è un cavallino, una bambola, un trenino, là c’è una trombetta, una trottola, li vedi? Sai cosa sono tutti quei giochi? Sono i giochi superflui, inutili, abbandonati e dimenticati dai bambini viziati e mai contenti. I giochi sono come le persone, cercano compagnia e, se nessuno li vuole più, preferiscono andare nello spazio, sperando d’incontrare qualche bimbo disposto a giocare con loro.. su’ dai forza, prendine quanti ne vuoi e portali a chi ne ha veramente bisogno” concluse Pietro. “Oh, nonno Pietro, grazie, grazie di cuore” disse Santa Lucia e cominciò ad afferrare tutti quei giocattoli abbandonati. La santa lavorò fino alla sera del 12 dicembre e mise tutti i giocattoli in grandi sacchi che appoggiò sulle spalle. “Ma cara Lucia, così non arriverai mai con tutto quel carico,pesa troppo” disse San Pietro e col suo vocione esclamò: “C’è qualcuno qui che sarebbe disposto ad aiutare S. Lucia?” “Iho…Iho…”. “Tu, mio dolce asinello? Se a Santa Lucia va bene, andrà bene anche a me” disse Pietro guardando la santa. “Bravo asinello, tu sarai il mio fedele accompagnatore, vedrai, quando ci vedranno i bambini che gioia sarà per loro” disse Lucia accarezzando la generosa bestiola. Ecco come nacque il viaggio di Santa Lucia e del suo asinello; da allora non hanno mai mancato all’appuntamento ogni 13 dicembre con i bambini buoni e bravi.

08/09/1943 – 08/09/2013

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Le 19:42 di settant’anni fa lo storico annuncio del capo provvisorio del governo italiano, il Maresciallo d’Italia, il settantaduenne Pietro Badoglio,  trasmesso via radio dagli studi di via Asiago a Roma si proclamava l’entrata in vigore dell’armistizio di Cassibile firmato segretamente con gli anglo-americani qualche giorno prima.

« Il governo italiano, riconosciuta l’impossibilità di continuare l’impari lotta contro la soverchiante potenza avversaria, nell’intento di risparmiare ulteriori e più gravi danni alla nazione, ha chiesto l’armistizio al generale Eisenhower… La richiesta è stata accolta. Conseguentemente ogni atto di ostilità contro le forze anglo-americane deve cessare da parte delle forze italiane in ogni luogo. Esse però reagiranno ad eventuali attacchi da qualsiasi altra provenienza. »

L’annuncio italiano faceva seguito a quello del generale Dwight D. Eisenhower delle 18.30, trasmesso dai microfoni di radio Algeri. In realtà i due annunci dovevano essere proclamati in contemporanea, ma il governo italiano chiese un’ora di proroga.

In molti quella sera andarono a letto pensando che la guerra fosse finita, purtroppo non sarà così e come sappiamo avrebbero dovuto attendere ancora un anno e mezzo. L’8 settembre 1943 è la data di nascita della Resistenza (il CLN fu fondato a Roma il 9 settembre) o meglio della “Resistenza partigiana” vero e proprio “secondo Risorgimento”, fenomeno storico nel quale vanno individuate le origini stesse della Repubblica Italiana. E questa è storia.

Sull’amicizia

il-valore-di-un-amiciziaDue amici camminavano nel deserto. Ad un tratto cominciarono a discutere e un amico diede uno schiaffo all’altro. Addolorato, ma senza dire nulla, quest’ultimo scrisse sulla sabbia:

 IL MIO MIGLIORE AMICO OGGI MI HA DATO UNO SCHIAFFO.

 Continuarono a camminare, finché trovarono un’oasi dove decisero di fare un bagno. L’amico che era stato schiaffeggiato rischiò di affogare, ma l’altro lo salvò. Dopo che si fu ripreso, l’amico salvato incise su una pietra:

 IL MIO MIGLIORE AMICO OGGI MI HA SALVATO LA VITA.

 L’amico che aveva dato lo schiaffo e aveva salvato il suo migliore amico domandò: “Quando ti ho ferito hai scritto sulla sabbia, e adesso lo fai su una pietra. Perché?”

L’altro amico rispose: “Quando qualcuno ci ferisce dobbiamo scriverlo sulla sabbia, dove i venti del perdono possano cancellarlo. Ma quando qualcuno fa qualcosa di buono per noi, dobbiamo inciderlo nella pietra, dove nessun vento possa cancellarlo.

Anonimo

Puntuale è arrivata anche quest’anno la primavera

È Google, con un suo doodle disegnato da Marimekko, che ci ricorda che oggi inizia la primavera. Non ci sono più le mezze stagioni e chi era convinto che la primavera iniziasse il 21 marzo si sbagliava.

ore 05.14 del 20 marzo 2012 è arrivata la primavera…  il cui inizio si fa da sempre coincidere infatti con l’equinozio di primavera, ovvero quell’istante in cui il Sole, per via della posizione che in quel momento occupa la Terra, assume una posizione perpendicolare all’Equatore. In questo preciso momento dell’anno, il Sole sorge quasi esattamente a est e tramonta quasi in modo perfetto ad ovest. Si tratta anche del giorno in cui la durata del dì e della notte coincidono.

 E’ dolce primavera

Alla selve,alle foglie dei boschi è dolce primavera;
a primavera gonfia la terra avida di semi.
Allora il Cielo, padre onnipotente, scende
Con piogge fertili
E acende ogni suo germe. Gli arbusti risuonano
Del canto degli uccelli, i prati rinverdiscono.
E i campi si aprono: si sparge la tenera acqua;
ora al nuovo sole si affidano i nuovi germogli.
Virgilio (poeta latino)

Io non sono cattivo… ho soltanto il lato oscuro un pò pronunciato!!!

Allora perché l’ho fatto? Potrei dare un milione di risposte tutte false.

La verità è che sono cattivo, ma questo cambierà, io cambierò, è l’ultima volta che faccio cose come questa, metto la testa a posto, vado avanti, rigo dritto, scelgo la vita.

Già adesso non vedo l’ora, diventerò esattamente come voi: il lavoro, la famiglia, il maxitelevisore del cazzo, la lavatrice, la macchina, il cd e l’apriscatole elettrico, buona salute, colesterolo basso, polizza vita, mutuo, prima casa, moda casual, valigie, salotto di tre pezzi, fai da te, telequiz, schifezze nella pancia, figli, a spasso nel parco, orario d’ufficio, bravo a golf, l’auto lavata, tanti maglioni, natale in famiglia, pensione privata, esenzione fiscale, tirando avanti lontano dai guai, in attesa del giorno in cui morirai.
(Mark Renton – Trainspotting)

Io sono tre persone

Ci sono tre persone in ognuno di noi
quella che vorremmo essere,
quella che crediamo di essere,
e quella che siamo veramente.
Le prime due le conosciamo bene
la terza ci è del tutto sconosciuta.
(dal film Black box di Richard Berry)

 

La storia della matita – Paulo Coelho

Il bambino guardava la nonna scrivere una lettera.
Ad un certo punto, chiese: “Stai scrivendo una storia su di noi? E’ per caso una storia su di me?”.
La nonna smise di scrivere, sorrise e disse al nipote: “In effetti, sto scrivendo su di te. Tuttavia, più importante delle parole, è la matita che sto usando. Mi piacerebbe che tu fossi come lei, quando sarai grande.”
Il bimbo osservò la matita, incuriosito e non vide niente di speciale.
“Ma è identica a tutte le matite che ho visto in vita mia!”.
“Tutto dipende dal modo in cui guardi le cose. Ci sono 5 qualità in essa che, se tu riuscirai a mantenere, faranno sempre di te un uomo in pace con il mondo.
Prima qualità: tu puoi fare grandi cose, ma non devi mai dimenticare che esiste una mano che guida i tuoi passi: questa mano noi la chiamiamo Dio e Lui ti dovrà sempre indirizzare verso la Sua volontà.
Seconda qualità: di quando in quando io devo interrompere ciò che sto scrivendo ed usare il temperino. Questo fa sì che la matita soffra un poco, ma alla fine essa sarà più affilata. Pertanto, sappi sopportare un po’ di dolore, perché ciò ti renderà una persona migliore.
Terza qualità: la matita ci permette sempre d’usare una gomma per cancellare gli sbagli. Capisci che correggere qualcosa che abbiamo fatto non è necessariamente un male, ma qualcosa di fondamentale per mantenerci sulla retta via.
Quarta qualità: ciò che è davvero importante nella matita non è il legno o la forma esteriore, ma la grafite che è all’interno. Dunque fai sempre attenzione a quello che succede dentro di te.
Infine la quinta qualità della matita: lascia sempre un segno. Ugualmente, sappi che tutto ciò che farai nella vita lascerà tracce e cerca d’essere conscio d’ogni singola azione.

 

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