BERLINO – Non esistono più aggettivi per descrivere la grandezza di Usain Bolt. Si era nascosto, dicendo di sentirsi un poco stanco e che avrebbe preferito non fare le batterie della staffetta. Ora sappiamo che giocava come il gatto con il topo. All’improvviso ha spalancato il gas come Valentino Rossi e tanti saluti a tutti. Si è mangiato la curva in un amen e ha continuato a spingere gli stantuffi sino alla fine. Smorfie di sofferenza sono apparse sul viso negli ultimi metri. Anche gli dei, ogni tanto diventano umani. Se il mondiale dello scorso anno a Pechino poteva sembrare mostruoso (aveva migliorato il precedente di Johnson di 2 centesimi) ora questo ulteriore miglioramento lo colloca fra i robot. 19.19, che dire di più? Solo la freccia giamaicana, a questo punto, è in grado non solo di battere, ma solamente di avvicinare quel tempo. Il secondo, il panamense Edward, pur arrivando a 19”81 (record continentale) è rimasto indietro di oltre mezzo secondo. Il terzo, lo statunitense Spearmon, è ancora più distanziato (19”85, record stagionale).
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